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Riccardo Pallotta

Diritto e Realtà: un difficile rapporto

Il Blog di Riccardo Pallotta

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Postilla » Diritto » Il Blog di Riccardo Pallotta » Pensioni » Pensioni d’oro e Governo

17 ottobre 2013

Pensioni d’oro e Governo

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Pur dovendoci confrontare con la deprecabile prassi, ormai invalsa, in virtù della quale il Consiglio dei Ministri ci “racconta” di aver approvato provvedimenti che poi … scrive con comodo nei giorni succesivi, – torno con questo post ad una questione già affrontata nei mesi scorsi: le pensioni d’oro.

Ho avuto già modo di illustrare le ragioni per le quali – indipendentemente da ogni valutazione “agiuridica” di tipo sociale, perequativo o solidaristico – ritengo pienamente coerenti e condivisibili le ragioni per le quali la Corte Costituzionale (con la sentenza 116/13 che invito tutti, nuovamente, a leggere) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del prelievo forzoso del 2011.

Ora, sembrerebbe che il Governo, per usare un eufemismo, “incurante” della predetta sentenza, abbia inserito nel DDL Stabilità un nuovo prelievo forzoso, diverso dal precedente esclusivamente per “importi soglia” ed aliquote di prelievo, in pieno e totale “spregio” della predetta sentenza e, quindi, dei principi e delle norme costituzionali da essa richiamati ed applicati.
Ebbene, questo, a mio avviso, è un perfetto esempio del perchè il nostro Paese è in crisi ed ha una pessima credibilità internazionale.

Come è possibile che un Governo, a distanza di pochi mesi da una clamorosa e “solare” bocciatura di una norma si “permetta” di riapprovarla tal quale? Quale affidabilità politica? Quale certezza del diritto può assicurare a chiunque (cittadino o investitore estero) un Paese il cui Governo delibera scientemente norme costituzionalmente illegittime e che – per giunta – per bocca dello stesso Ministro del Lavoro (audizione alla Camera dell’8/10/13) – hanno effetti risibili sui saldi di finanza pubblica.

Ripeto, non sto ponendo in discussione il prelievo in sè che, anzi, se indispensabile, estenderei a tutti i redditi da lavoro, quali sono anche le pensioni, con conseguente maggior raggiungibilità dell’obiettivo finanziario mediante penalizzazioni di importo inferiore. E, peraltro, con conseguente piena legittimità costituzionale della norma ai sensi della sentenza sopra citata.

Vi sto – invece – sottoponendo un problema ordinamentale e costituzionale che si “espande” alla credibilità stessa dell’Italia.

Eppure, mi sento una vox clamans in deserto

Letture: 13607 | Commenti: 9 |
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9 Commenti a “Pensioni d’oro e Governo”

  1. Riccardo Pallotta scrive:
    Scritto il 18-10-2013 alle ore 13:46

    Parafrasando il noto film, “questo post si autodistruggerà entro 5 secondi”…
    Dal momento che ogni giorni le dichiarazioni ufficiali del Governo si ricorrono – tra conferme e smentite – un una insana gara a rimpiattino, la versione odierna vorrebbe che il ripristino del taglio delle pensioni d’oro, pur “entrato” in Consiglio dei Ministri doviziosamente articolato in ben due distinte formulazioni testuali,non sarebbe in realtà stato approvato, grazie ad una resipiscenza del Governo che – finalmente – si è reso conto della inaudita gravità di una norma che sarebbe andata espressamente, esplicitamente, e clamorosamente, contro una recentissima sentenza della Corte Costituzionale.
    Per il diritto costituzionale e la credibilità istituzionale dell’Italia è una bella notizia.
    Resterebbe solamente da mettere in condizione di “non nuocere” l’artefice dell’originario tentativo: artefice che – ovviamente – non conosceremo mai!

  2. Paolo scrive:
    Scritto il 21-10-2013 alle ore 15:40

    Lei non mette in discussione il prelievo che potrebbe essere essenziale. Partendo da questa considerazione e non dimenticando la sentenza della Corte che, mi pare ,si rifaccia al prelievo limitato ad una singola specie di percipienti, perchè non affrontiamo il nodo del problema che il Governo in modo maldestro ha cercato di risolvere.
    Il sistema pensionistico Inps è evidente a tutti non può reggere senza gravare in modo insostenibile sulle casse dello stato.
    Ci si è resi conto che il metodo retributivo non può continuare perchè iniquo se non altro perchè alla fine saranno le generazioni future a farsene carico.
    Quindi non ci possono essere dubbi che si deve passare al metodo contributivo.
    E’ però evidente che siamo gravati da una marea di erogazioni pensionistiche non commisurate agli importi versati nel corso dell’attività lavorativa.
    Ed è qui che chi può deve intervenire perchè abbiamo creato con le pensioni d’oro e non solo, un “mostro” che deve essere eliminato.
    Lei è un esperto della materia e gradirei conoscere il Suo pensiero sulla mia posizione.

  3. Riccardo Pallotta scrive:
    Scritto il 21-10-2013 alle ore 16:18

    Sono sostanzialmente d’accordo sui due aspetti – che ritengo fondanti – della questione da Lei toccati:
    a) è vero che – in linea di pricipio – non sono contrario a prelievi temporanei ed equi sui “redditi complessivi” dei contribuenti: prelievi che se estesi alla generalità dei cittadini, dovrebbero essere molto progressivi e – perchè no – con una clausola come quella della c.d. “tassa per l’Europa – di successiva restituzione (anche solo parziale) a “emergenza conclusa”.
    Il problema – semmai – passerebbe sull’uso che i nostri poco coraggiosi e poco lungimiranti governanti farebbero di tali somme (riduzione del debito tout court o investimenti ovvero anche finanziamento di una qualche forma di misure per lo sviluppo);
    b) è altrettanto vero che il sistema retributivo non è sostenibile.
    Ciò detto, tutte le ultime riforme (dal 1995 in avanti) ci hanno traghettato ampiamente all’interno del sistema contributivo, con due conseguenze importanti:
    1) le pensioni “d’oro” o, comunque, più elevate riconosciute in virtù delle previgenti regole non sono un “furto” ma la fruizione di una retribuzione differita secondo le regole al tempo fissate dallo Stato;
    2) quindi, il “mostro” non sono gli odierni pensionati, ma i governanti che hanno avallato lo scambio tra basse retribuzioni ed alte pensioni (è bene ricordarlo e ripeterlo sempre, per nopn innescare improvvide “guerre tra poveri e più poveri).
    Quelle pensioni rappresentano – comunque – una fattispecie “ad esaurimento”, con la conseguenza che potrebbero essere sufficienti anche solo misure “di accompagnamento” alla loro cessazione (sulle quali non è questa la sede per entrare nel dettaglio): misure che – comunque – possono, a mio avviso essere dotate di una certa gradualità.
    Il vero problema tuttavia, è un altro e, francamente, è ben più grave.
    Le pregresse pensioni più “generose” sono – per evidenti motivi – in numero minore e destinato ad esaurirsi rispetto a quelle che dovranno essere garantite a chi oggi è ancora (o magari deve ancora entrare nel) mondo del lavoro.
    A queste persone – con una dichiarazione di rara sufficienza – il Ministro del Lavoro ha detto che, con ogni probabilità, non sarà possibile – con le attuali regole a regime – assicurare trattamenti “dignitosi”: eufemismo che si traduce nella circostanza per la quale – nella improbabile ipotesi di avere una carriere lavorativa continua, priva di rilevanti interruzioni e con continuità contributiva – i giovani che si affacciano oggi sul mondo del lavoro (se poi lo trovassero, un lavoro) avranno pensioni orientativamente pari al 35% della loro ultima retribuzione: ossia importi inferiori all’attuale pensione sociale INPS.
    Ebbene, a fronte di questa “bomba sociale” di inaudita gravità, i nostri governanti si stanno comportando come le “tre scimmiette”, così da lasciare, a chi governerà di qui a 25/30 anni l’onere di “inventarsi qualcosa” per evitare il collasso sociale ed economico dell’Italia. Con l’aggravante che – a quel punto – non si saprà dove trovare le risorse per farvi fronte. Il tutto, però, mentre “costoro” solleticano gli “animal spirits” degli italiani, addittando dei concittadini pensionato come i colpevoli di non si sa bene quale misfatto.
    Questo è, a mio personale avviso, ignobile.

  4. Paolo scrive:
    Scritto il 22-10-2013 alle ore 15:24

    Certo che non sono responsabili i pensionati se beneficiano di un “regalo” da parte dello Stato bensì quei parlamentari, immagino ce ne siano ancora in carica, che hanno consentito lo sfacelo.
    Vorrei sottoporLe la seguente considerazione:
    stipendio di 2.000 euro/mese contribuzione Inps € 600/mese = 7.200€/annuo; Montante al tasso del 2% in 40 anni = € 434.894 in gradc di assicurare per 15 anni una pensione di 2.416 €/mese ovviamente al lordo delle tasse. Quell’orientativamente pari al 35% della loro retribuzione è la prova lampante della mostruosa ingiustizia che si sta imponendo sulle spalle dei giovani lavoratori.
    E già che ci divertiamo a parlare di Costituzione, come la mettiamo con l’art. 38 comma 2?
    Purtroppo il buco del sistema pensionistico è come il debito pubblico, sono così grossi che non si riescono ad affrontare o meglio non ci riescono senz’altro le persone che eleggiamo.

  5. Fernando scrive:
    Scritto il 23-10-2013 alle ore 16:49

    Parlando delle cosiddette “pensioni d’oro” spiace constatare che sono ancora in tanti a mostrarsi “astiosi” nei confronti dei pensionati titolari di trattamenti medio-alti ritenendoli beneficiari di chissà quali “privilegi”…dimenticando, però, che la pensione, qualunque sia il suo ammontare per la gran parte dei pensisonati è il frutto di anni di lavoro e di contributi versati nel tempo con oneri a carico anche degli stessi lavoratori (oltre che dei rispettivi datori di lavoro)….la pensione da lavoro non è pertanto un privilegio, ma un diritto da tutelare nei modi più opportuni ed al cui impegno non può sottrarsi lo Stato Sociale….chi, pertanto, ritiene equo e giustificabile il blocco della rivalutazione dei trattamenti pensionistici (anche di quelli di modesta entità) e con pervivacia conduce una insensata battaglia contro le pensioni medio-alte (3-4 mila euro mensili al lordo delle ritenute fiscali) certamente ha dalla sua delle buone ragioni (di sicuro è fruitore di una pensione medio-bassa), ma ciò non giustifica affatto l’atteggiamento astioso nei confronti di chi, dopo una intensa vita lavorativa (35-40 anni) ha avuto liquidato un trattamento pensionistico che, tenuto conto dell’anzianità lavorativa e dell’ammomntare dei contriti reralmente versati, è equo qualunque sia il suo ammontare…..Perchè allora condurre una insensata “lotta di classe” tra pensionati? …se ci sono delle discrepanze nei relativi trattamenti …queste non sono certamente attribuibili ai pensionati di oggi, ma a politiche largamente discriminatorie (alle quali si imputano le pensioni veramente d’oro frutto di privilegi assurdi e certamente non condivisibili), avviate in maniera spesso non oculata dal legislatore del tempo che, lungi dal risolvere in maniera strutturale il problema, ne hanno fortemente condizizonato una involuzione sul piano sociale e su quello economico finendo col colpire e danneggiare fortemente i veri pensionati considerati oggi responsabili delle distorsioni quali al momento si registrano nel settore previdenzuiale …..una tesi che porta sempre più a colpire i pensionati con prelievi (tale si configura il blocco della rivalutazione perodica delle pensioni)assurdi e fortemente iniqui …..per chi ancora non lo sa ad oggi l’indicizzazione dei trattamenti negli ultimi tempi è stata sospesa……nel 1998 interessando le pensioni di importo mensile susperiore a lire 3.481,55 lorde; nel biennio 1999-2000 blocco per le pensioni di importo superiore ad otto volte il trattamento minimo dell’INPS; nel 2008 blocco per le pensioni di importo mensile superiore ad euro 3.542,88 lorde; nel biennio 2012-2013 il blocco ha interessato le pensioni di importo mensile superiore ad euro 1441,58 (nel 2012) e ad euro 1.486,29 (2013) sempre al lordo delle ritenute fiscali ed ora la legge di stabilità fissa a circa 3.000 euro al mese le pensioni da rivalutare escludendo dal beneficio la parte eccedente la quota suddetta……..sono queste le pensioni d’oro su cui tanto si parla e contro le quali ci si scaglia ritenendole pensioni “privilegiate”?……

  6. Riccardo Pallotta scrive:
    Scritto il 24-10-2013 alle ore 12:58

    Caro Fernando, premetto che concordo con lei sulla incondivisibilità di questo clima da “caccia alle streghe” sulle pensioni di maggior importo, in specie se si considera che – dai dati ufficiali del Ministero dell’economia riportati nella relazione al DDL Stabilità un intervento così giuridicamente devastante per la certezza del diritto ed i principi costituzionali porterebbe nelle casse dello Stato la miseria (si fa per dire ed in soli termini di saldi di finanza pubblica) di 21 milioni di euro l’anno per tre anni, a fronte dei miliardi di euro necessari ai fini della manovra.
    Ciò posto, per amore di verità devo operare alcune precisazioni.
    Partendo dal presupposto che il concetto di equità/iniquità è spesso molto soggettivo e, pertanto, “giuridicamente sdrucciolevole”, da un punto di vista tecnico, le pensioni liquidate con il sistema di calcolo retributivo (ossia la maggior parte o, meglio, la quasi totalità delle cosiddette pensioni d’oro)NON sono corrispondenti alla contribuzione versata. In sostanza, rendono – a titolo di pensione – importi maggiori rispetto alla capitalizzazione della contribuzione versata. Maggior importo che – poi – varia a seconda dello specifico regime previdenziale di provenienza, nella giungla dei diversi sistemi in precedenza applicati nel tempo a seconda del rapporto di lavoro.
    Quindi, esiste sicuramente un diritto alla pensione (per costituzione, logica e patto sociale), ma questo diritto può non estendersi, necessariamente ad una misura predeterminata di importo.
    Fermo restando che – in momenti di crisi, deve in qualche modo essere possibile che tutti i percettori di reddito – in maniera progressiva e secondo la propria reale capacità reddituale – concorrano al superamento di tale situazione.
    Conseguentemente, la Corte Costituzionale ha chiaramente affermato che: 1) è sicuramente legittimo un prelievo “di natura tributaria”, a tal fine: prelievo che però deve essere: 1) temporaneo; 2) esteso a tutti i percettori di reddito e non limitato a singole porzioni di contribuenti; 3) proporzionale; 4) progressivo; 5) conforme alle norme e prescrizioni da decenni enucleati dalla giurisprudenza costituzionale.
    Quindi, nessuna caccia alla streghe e:
    a) chi più ha (pensionati compresi) più cntribuisca;
    b) riforma dei sistemi previdenziali che – a tendere – al mero e limitato fine di gestire la transizione verso l’entrata a regime generalizzata del sistema di calcolo contributivo già da anni in essere, riduca le discriminazioni intergenarazionali frutto di politiche previdenziali del passato dissennate e clientelari;
    c) infine, studio, a partire da subito, di meccanismi finalizzati alla formulazione di politiche previdenziali ed assistenziali integrative e di supporto, sul presupposto che – specialmente in periodi di crisi – le pensioni contributive – per bocca dello stesso Ministro Giovannini – potranno non assicurare importi, definibili – per usare le parole del Ministro – “dignitosi”.
    In sostanza, per parafrasare la nota battuta, allo stato vi è la sostanziale certezza che nel prossimo futuro “l’operazione sul sistema previdenziale riuscirà alla perfezione, ma il paziente-pensionato non sopravviverà”….
    Il punto è che ho fortissimi dubbi che l’attuale classe politico-dirigenziale (sostanzialmente identica a sè stessa da decenni) sia in grado di affrontare (e soprattutto vincere) questa sfida.

  7. Fernando scrive:
    Scritto il 15-11-2013 alle ore 21:51

    Con ordinanza del 6 novembre scorso il Tribunale di Palermo, Sezione Lavoro, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 24, comma 25, del D.L. n° 201/2011, convertito nella legge n° 214 del 2011, nella parte in cui sancisce, per il biennio 2012-2013, il blocco della perequazione automatica delle pensioni superiori a tre volte il trattamento minimo INPS (circa 1.400 euro al mese al lordo delle ritenute IRPEF).
    Nella ordinanza il Tribunale, ritenendo rilevante la questione di costituzionalità della norma sopra indicata con riferimento agli artt. 2, 3, 23, 36, 38 e 53 della Costituzione, a supporto di quanto ritenuto in merito, richiama una precedente sentenza della Corte Costituzionale (n° 316 del 3 novembre 2010) che, trattando del blocco dell’adeguamento delle pensioni al costo della vita per l’anno 2008 operato dal Governo Prodi, pur dichiarando legittimo tale blocco ha, tuttavia, avvertito che “la sospensione a tempo indeterminato del meccanismo perequativo ovvero della frequente reiterazione di misure intese a paralizzarlo, esporrebbero il sistema ad evidenti tensioni con gli invalicabili principi di ragionevolezza e proporzionalità, perchè le pensioni, sia pure di maggiore consistenza, potrebbero non essere sufficientemente difese in relazione ai mutamenti del potere di acquisto della moneta”.
    Un monito di cui il Legislatore non ha, però, assolutamente tenuto conto tanto da disporre, successivamente, un ulteriore blocco, questa volta addirittura per due anni….comportando un ulteriore impoverimento delle pensioni medio basse che, dato il loro ammontare (modesto), non possono certamente dirsi “d’oro”………
    Sull’argomento segnalo, anche,un mio articolo, apparso in data 12 novembre 2013 su http://www.diritto.it – sezione diritto del lavoro – dal titolo “Blocco della rivalutazione dei trattamenti pensionistici e revisione del meccanismo perequativo nella legge di stabilità per l’anno 2014″.

  8. Fernando scrive:
    Scritto il 20-11-2013 alle ore 18:04

    Con ordinanza del 6 novembre 2013 il Tribunale di Palermo – Sezione Lavoro -ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 24, comma 25, del D.L. n° 201/2011, convertito nella legge n° 214 del 2011, nella parte in cui dispone, per il biennio 2012-2013,il blocco della perequazione automatica delle pensioni di importo mensile superiore a tre volte il trattamento minimo INPS (euro 1.441,58 al mese nel 2012 ed euro 1.486 al mese nel 2013, alo lordo delle ritenute IRPEF.
    Una fascia reddituale decisamente basaa che ha fortemente penalizzato oltre sei milioni di pensionati che, a fronte di una costante perdita del potere di acquisto della moneta, quale da tempo si registra nel Paese, si son visti impoverire ulteriormente il trattamento pensionistico in godimento contro ogni logica ed in dispregio di diritti costituzionalmente tutelati.
    Ricordo che l’indicizzazione dei trattamenti pensionistici, negli ultimi tempi, è stata sospesa per gli anni 1993, 1998, 2008, 2012 e 2013 con una perdita economica complessivamente elevata che si protrae all’infinito, anno dopo anno,fino ad interessate le pensioni di reversibilità, ove spettanti ai superstiti….un “danno” enorme….
    Sottolinea anche che nella proposta di legge di stabilità 2014 è previsto ancora, per tale anno, una ulteriore sospensione del meccanismo perequativo con riferimento, questa volta, alle fasce di importo dei trattamenti pensionistici superiori a sei volte il trattamento minimo INPS (circa 2.800 euro lori al mese.
    Insomma per il Governo ed il Parlamento le pensioni sono un “bancomat” da cui prelevare a piacere e senza ritegno risorse a copertura del disavanzo pubblico e, perchè no, anche di sprechi e privilegi…è una vergogna……!

  9. al scrive:
    Scritto il 28-3-2016 alle ore 19:54

    Anche sulla vicenda del ricalcolo da retributivo a contributivo, teorizzato da alcuni, piu’ per mettere zizzania tra generazioni, che per verita’, mi sembra che la recentissima audizione del direttore generale INPS previdenza di fronte alla Commissione lavoro camera del marzo 2016, abbia chiarito definitivamente la impraticabilita’ di tale percorso, sia per ragioni giuridiche/costituzionali, sia perche’ il ricalcolo aumenterebbe proprio le pensioni piu’ elevate e diminuirebbe quelle medie e basse, e inoltre e’ emerso chiaramente che tale ricalcolo non e’ assolutamente possibile per mancanza di molti dati nel settore privato e totale mancanza di dati ante 1992 nel settore pubblico…..

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