7 giugno 2013
Pensioni d’oro o diritti?
Ieri la Corte Costituzionale ha “smontato” un’altra parte delle manovre finanziarie del precedente Governo che avevano imposto dei prelievi tributari “mascherati” a carico dei soliti noti (i titolari di redditi da lavoro o pensioni).
La sentenza 116/2013 ha chiarito (per la terza volta in poco più di sei mesi) che la crisi finanziaria non può e non deve giustificare prelievi coattivi: a) irragionevoli nella misura; b) non proporzionali rispetto alla capacità contributiva e, soprattutto c) iniqui nella loro distribuzione tra i cittadini.
Le sue cristalline motivazioni (che invito tutti a leggere sul sito della Corte Costituzionale) danno ampia e irrefutabile base giuridica ad una osservazione di senso comune:
se i redditi di pensione rappresentano nulla più che dei redditi di lavoro “differiti”, non esiste alcun valido motivo che possa giustificare l’obbrobrio giuridico costruito dal Legislatore del 2010/2011, in forza del quale, un cittadino (pur non in “ristrettezze economiche”) che guadagnava più di 200.000 euro ma meno di 300.000 euro, soggiaceva ad un prelievo straordinrio differenziato a seconda che la fonte del suo reddito fosse la pensione (prelievo € 18.000) un lavoro dipendente pubblico prima della sentenza C. Cost. 223/12 (prelievo € 15.500) o un lavoro dipendente privato (prelievo ZERO).
E non c’entra nulla tutto il battage negativo sui “pensionati d’oro”, perchè qui si parla, molto più semplicemente di eguaglianza sostanziale e progressività dell’imposta: se sacrifici devono esserci (e sottolineo SE), allora questi devono essere: 1) correttamente quantificati; 2) equamente ripartiti. Altrimenti, sono – semplicemente – sbagliati, prima ancora che giuridicamente iniqui.
In conclusione, penso di poter dire – senza tema di smentita – che è anche questo modo miope ed ignorante (in senso tecnico) di immaginare e scrivere le norme che ci rende, troppo spesso, “fanalino di coda” in Europa (con buona pace dei troppi “europeisti” della domenica).
Scritto il 10-6-2013 alle ore 14:44
Il ragionamento non fa una grinza sotto il profilo della eguaglianza di trattamento nella tassazione tributaria. E’ quello un modo sbagliato nell’affrontare una problematica che evidenzia una macroscopica ingiustizia soprattutto tra le generazioni. E’ convinzione diffusa che il trattamento pensionistico debba essere parametrato agli stipendi percepiti piuttosto che ai versamenti contributivi effettuati. E per tanti cittadini potrà essere così ancora per decenni tanto qualcuno pagherà (si veda il sole di ieri). E’ questo concetto che deve essere contrastato da un legislatore che abbia come centro di interesse LA GIUSTIZIA.
Non ha senso cercare di migliorare le cose con un prelievo fiscale aggiuntivo. Va piuttosto ribadito che non possono essere tutelati diritti acquisiti mediante leggi inique, ingiuste ed assurde che finiscono per attribuire diritti ad alcuni cittadini a scapito di altri.
Scritto il 10-6-2013 alle ore 15:07
Caro dott. Quaglia, il problema (uno dei problemi) ė proprio quello. Invece di porre mano a vere riforme previdenziali di sistema eque ed equilibrate, si fa fumo mediatico spacciando un prelievo tributario parziale ed illegittimo per una mossa da robin hood. Fermo restando che: 1. Il sistema retributivo di calcolo delle pensioni era (ed in alcuni casi/paesi ancora è) uno dei possibili modi di fare previdenza e, d’altro canto, il sistema contributivo ormai in vigore da equilibrio ma anche pensioni da fame, specie se il lavoro manca o è precario, con conseguente impossibilitá di generare montanti contributivi “adeguati”; 2. Se proprio fosse stato necessario un balzello una tantum, meglio meno da tutti che molto da pochi.
Scritto il 10-6-2013 alle ore 15:44
Caro Dr. Pallotta, il punto è che quel balzello di fatto c’è già. Pensi solo ai rendimenti delle gestioni separate in termini pensionistici rispetto al corretto ragionamento che potrebbe essere il seguente:
supponiamo di versare € 5.000 x anno con un montante al termine di 40 anni di € 475.000 considerato un tasso del 4% (attualmente lo Stato paga di più il suo debito) che dovrebbe assicurare una pensione annua di € 31.000 più che onorevole.
Invece non è così perchè la rivalutazione è legata all’andamento Istat (anzi mi pare oggi sospesa) e con un coefficiente di trasformazione del 5.62% si arriva forse a € 15.000. Se non è un furto….. Ma il bello è che se non raggiungo i 15 anni di versamenti le somme versate vengono incamerate e tanti saluti
Scritto il 10-6-2013 alle ore 15:55
Finalmente un commento in linea di diritto e non di…….’spettacolo’. I commenti che ho sentito,anche alla radio,da persone’ competenti’ facevano cadere le braccia!!
Insomma invece di esultare perché’ la Corte ha ribadito che non siamo più’ nel medioevo( dove il principe di turno stabiliva, a suo assoluto arbitrio, chi dovesse pagare le tasse per l’anno in corso, se i mugnai o i contadini o i ciabattini etc.), ma che a Costituzione vigente TUTTI devono pagare secondo la loro CAPACITÀ’ RETRIBUTIVA( a redditi eguali ,tributi eguali), ci si trastullava in discorsi infondati quanto demagogici, populisti e strumentali! Di questo passo questo Paese non andrà’ lontano,se non sa nemmeno discutere, in maniera reale e documentata, dei suoi infiniti problemi.!
Grazie ,nei sensi precisati, per l’utilizzo intervento.
Scritto il 17-6-2013 alle ore 15:57
di fatto non capisco dov’è l’equita’ proclamata dalla corte costituzionale che difende le vecchie generazioni a scapito di quelle giovani…mi viene il sospetto che la corte costituzionale sia tutta formata da ultra sessantenni….mi sbaglio???
Scritto il 17-6-2013 alle ore 16:12
L’equitá sta nel fatto che non basta essere pensionati, per doversi fare carico di sacrifici aggiuntivi rispetto alla generalitá dei cittadinii. Ripeto ancora una volta che la sentenza afferma chiaramente che l’illegittimitá non è nel prelievo in sè ma nell’averlo posto – a paritá di reddito – ad esclusivo carico dei pensionati. Traduco: se serve, si ponga un prelievo forzoso a carico di tutti i redditi eccedenti i novantamila euro, cosicchè, magari il risultato di risanamento si raggiungerebbe prima, magari ipotizzando un’aliquota più bassa in funzione dell’ampliamento della platea dei contribuenti
Scritto il 17-6-2013 alle ore 17:33
Signor Paolo,adesso le e’ chiaro?Dopo l,intervento mio e poi di quello del redattore avevo sperato proprio di non leggere più’,almeno qui, commenti in conferenti e comunque poco informati.Invece no!bisogna soffrire al di la’ delle moltissime sofferenze che dobbiamo già’ sopportare
Un saluto.